I trattori in marcia e la voce che arriva dai territori
di Aldo Bonomi Microcosmi – Il Sole 24Ore
Veneziepost.it
Viviamo la cronaca di una frattura amara in corso nel rapporto tra “città e contado” tra poteri regolatori globali e frammenti di composizione sociale in crisi nei territori. I trattori in marcia ci ricordano quanto a poco siano servite le lezioni e le riflessioni all’indomani dei gilet gialli o dei più provinciali forconi, per non dire alla Zovico della tragicomica contrapposizione tra i tanti “fleximan” diffusi nei territori e le città a 30 Km.
Sembrerà tremendamente inattuale ragionare a freddo sullo stato dell’arte di istituzioni come le Camere di Commercio dell’industria e dell’agricoltura, autonomie funzionali in bilico tra l’essere articolazioni della statualità, corpi intermedi ed espressioni della poliarchia civile.
Più l’arazzo del territorio si sfilaccia e lacera, più occorre rammendare l’ordito e la trama per rammendare e ritessere legami sociali e territoriali. Anche perché sulla terra come suolo agricolo e bene comune impatta la finanziarizzazione delle commodity, organizzate per flussi globali sempre più concentrati e una crisi ecologica che, a volte, promuove biciclette e piste ciclabili, senza accorgersi che queste sono circondate da trattori ed automobili che guardano con apprensione il prezzo del gasolio oscillare tra spinte speculative e nuove guerre. Proprio questa vicenda ci dice quanto sia importante il cambiamento anche di quelle altre istituzioni intermedie delle economie del ‘900, che sono le rappresentanze degli interessi, che non sembrano aver visto arrivare i trattori, né Stellantis andarsene. È importante capire l’utilità del loro cambiare, senza dar ragione a chi nel furore iconoclasta della disintermediazione pensava di abolirle. Anche perché, se Bruxelles appare sempre più lontana dai territori e oggi si ragiona molto di regioni, ma sempre con l’occhio rivolto al rapporto con lo Stato centrale e poco all’orizzontalità diffusa dei territori e delle città, a noi territorialisti rimane da ragionare su cosa porre in mezzo tra la regione troppo grande e il comune troppo piccolo, pensando il tema dell’area vasta come tessuto istituzionale. E qui mi pare che seguendo le tracce della metamorfosi delle Camere, in qualche modo si stia ridisegnando un abbozzo di nuova geografia di piattaforme produttive e territoriali, ovvero sistemi extralocali che addensano produzioni manifatturiere, agricole, di terziario urbano oppure di flussi turistici, con reti infrastrutturali, istituzionali e scambi di servizi che connettono tra loro grappoli di città medie, città-distretto agricoli manifatturieri.
Proprio il sistema camerale nel suo addensarsi partendo dalla presenza minima di 75mila imprese, potrebbe costituire una traccia di scheletro istituzionale intermedio che già oggi suggerisce il possibile disegno di una mappa di aree vaste oltre le province. I dati di Unioncamere ci dicono che la rete camerale è passata da 105 a 60 entità, con molte aggregazioni emblematiche per l’importanza dei sistemi coinvolti: vale per l’accorpamento di Milano, Monza e Brianza e Lodi, per le piattaforme pedemontane del manifatturiero e delle città medie, dall’asse tra Como e Lecco, alle quattro camere dell’Emilia Romagna e nel Nord Est; e poi il basso Piemonte unificato, l’area urbana di Firenze e Prato nella Toscana dei distretti, intere regioni come le Marche o la Basilicata, l’Abruzzo e il Molise, o in Campania la piattaforma Irpina verso la Puglia di Taranto Brindisi e le ricomposizioni di area vasta in Sicilia… Difficili percorsi oltre i localismi che interrogano tutto il tessuto delle rappresentanze in metamorfismi. È tutto il sistema dei corpi intermedi della società economica che è in fibrillazione, inseguito da un corporativismo selettivo per mettere le toppe ai buchi quando questi raggiungono il tetto di cristallo della società dello spettacolo. Forse occorrerebbe sui territori una maieutica della metamorfosi educando, formando ed accompagnando interessi e passioni alla grande trasformazione. A questo servono le autonomie funzionali, Università e Camere di Commercio. Queste con le loro aziende speciali possono accompagnare alla transizione ecologica, all’innovazione, alle politiche per i lavori e dentro le crisi d’impresa verso il prender parola di futuro partendo dai territori. Un futuro incerto in cui la maieutica della rappresentanza può sembrare fatta di sussurri e poca cosa rispetto alla rappresentazione spettacolare dello spettacolo. Ma tanti sussurri possono diventare voce per farsi sentire oltre il rumore di fondo in cui siamo immersi nella «discoteca permanente globale» (Claudio Magris).