«Trasformare tante “oasi” in una carovana numerosa è possibile»
Intervista di Luca Mazza ad Aldo Bonomi sul quotidiano Avvenire
La sfida è trasformare una dimensione fatta di “oasi” in una carovana sempre più numerosa. Sicuramente i lavori della Settimana sociale dei cattolici possono contribuire a favorire questo processo». Aldo Bonomi, fondatore e direttore del consorzio Aaster nonché esperto dalle trasformazioni della composizione sociale nei contesti urbani ed extra urbani, commenta positivamente le proposte lanciate nel corso dell’evento di Taranto e crede alla possibilità di attuare «una rigenerazione dal basso».
I giovani hanno lanciato un Manifesto per lo sviluppo sostenibile che ha come fulcro la creazione di alleanze a partire dai quartieri tra istituzioni, realtà cattoliche, imprese e università? Che cosa ne pensa?
Partirei da due categorie riflessive teorico-pratiche: le comunità concrete (per usare un’espressione di Adriano Olivetti) e la coscienza di luogo. A Taranto si è analizzato il ruolo delle comunità concrete rispetto al tema dello sviluppo sostenibile. L’idea dei giovani di costruire alleanze partendo dai quartieri mi sembra significativa e assoluta- mente condivisibile. Occorre edificare e rafforzare quella che definirei una “comunità di cura larga” (formata da volontariato, terzo settore, coop sociali, ma anche sindacati, imprese green, insegnanti…) che si occupi delle persone fragili agendo in vari campi: dalla sanità al lavoro.
Qual è lo stato di salute delle comunità locali in questa fase di ripartenza post-pandemica stretti fra dinamiche globali e riscoperta dei territori?
Rispetto alla crisi ecologica bisogna avere una visione completa. La “green economy”, per esempio, non è solo l’economia che incorpora la tematica ambientale. Non può esistere una green economy senza una green society e viceversa. Così come non può esserci una smart city senza una smart land. Mai come adesso è importante ripartire dal territorio, dalla prossimità e dalle reti di relazione. I flussi vanno dall’alto verso il basso, mentre è necessario sviluppare processi che seguano la direzione opposta.
Uno degli argomenti centrali è l’ecologia integrale. Come bisogna muoversi per seguire la direzione indicata anche da papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’?
Siamo nell’epoca dei flussi che impattano nei luoghi cambiandoli socialmente, economicamente, culturalmente. Quando parlo di flussi mi riferisco per esempio alla finanza, alle internet companies, ai processi migratori, alla pandemia. Ovvero a quei processi di dominio che vanno affrontati. Ecco, tra flussi e luoghi va sottolineata l’importanza della dimensione del territorio. Bisogna in un certo senso mettersi in mezzo, perché non tutti i flussi sono buoni, per cui risulta cruciale sviluppare una coscienza di luogo capace di contrastare i flussi negativi. Uno dei punti cruciali dell’esperienza di Taranto è stato proprio quello di invitare i territori ad avere coscienza di sé.
Tra le proposte di Taranto rivolte alla politica c’è quella di calibrare il Fisco tassando di più chi inquina per ridurre il cuneo fiscale a lavoratori e l’introduzione di nuove regole verdi per gli appalti. Sono misure in grado di accelerare lo sviluppo sostenibile?
Si tratta di interventi sicuramente auspicabili, anche se il problema politico fondamentale è soprattutto uno: rimettere in mezzo la società tra l’economia e la politica. In sostanza, va ricostruita la società di mezzo, rivitalizzando i corpi intermedi in modo tale da affrontare (e se necessario contrastare) i flussi senza subirli.
Come immagina sia composta questa nuova società di mezzo?
Costituita da una serie di piattaforme territoriali orizzontali che, relazionandosi tra loro, siano in grado di produrre inclusione. Oggi si parla quasi esclusivamente di piattaforma economica e digitale, ma senza quella sociale è impossibile guardare al futuro con fiducia.