La montagna disincantata che sperimentiamo
di Aldo Bonomi – Microcosmi Il Sole 24Ore
Chiudo un trittico di Microcosmi dedicato al come i flussi degli eventi impattano nei luoghi interrogando il loro divenire: dalla Green Week a Parma, al Salone del Mobile a Milano dove raccomandavo di dare uno sguardo anche alle prossime Olimpiadi invernali guardando alle montagne. Mi sono ritrovato a seguire il destino della merce più iconica ed archetipo del Novecento: l’automobile. Rappresentata e mostrata nel «grande viaggio alpino» di auto d’epoca organizzato dal brand 1000 Miglia. Un ossimoro da studiare in tempi di ecologia informativa che racconta la montagna incantata ed incantevole dove portare il simbolo pesante dell’inquinamento e del fordismo a turbare la quiete alpina.
A meno che, come mi ha spiegato l’eventologo Piantoni, non si volesse fare di questo sincretismo d’epoca tra il non più e il non ancora, un viaggio di riflessione interrogante la coscienza di luogo delle terre alte e quella delle terre basse giù a valle nelle città fordiste come Torino, Monaco, Stoccarda in metamorfosi sul destino del ciclo dell’auto e del modello di sviluppo. Sarebbe stato più semplice organizzare un bel tour promozionale di auto elettriche. Per fortuna anche gli eventologi hanno imparato dalla lettura dei libri di Paolo Cognetti che dalle Otto montagne è sceso Giù nella valle a mettersi in mezzo alle contraddizioni dei dislivelli. Che interrogano la metamorfosi che attraversa l’economia dei turismi e il vivere lo spazio alpino nell’epoca dell’inverno liquido, mentre giù nella valle si progettano le icone del secolo che viene: auto ibride, elettriche, a idrogeno, a guida autonoma. Senza voler fare poesia o letteratura si fa di un evento un momento riflessivo sul destino della montagna, dei ghiacciai, delle risorse: acqua, verde… e della merce simbolo di un tempo quando non si aveva contezza dell’epoca dell’antropocene. Che è l’oggi. Ad ogni tappa nelle località premium dell’arco alpino (Cortina, St. Moritz, Gstaad, Courmayeur… Davos) la carovana di icone del Novecento affronta questi temi con le istituzioni locali per capire quanto la criticità del salto d’epoca sia nell’agenda del futuro della Macroregione Alpina. Per capire la transizione dei due fordismi: quello alpino dell’industria dello sci e quello del ciclo dell’auto. Le cittadine premium sono un brand a rischio da overtourism e di gate community alla Ballard quando la rendita immobiliare cuba più che nelle grandi città. Per questo nel percorso si ragiona di altri turismi alzando lo sguardo ai luoghi dell’abbandono percorrendo i passi alpini dei comuni polvere di paesi abbandonati, osservando l’agricoltura di montagna decantata come prodotti tipici, ma non vista come fondante della manutenzione del paesaggio dei boschi e del territorio. Tappa per tappa si chiedeva se i poli dell’eccellenza avessero coscienza di essere attrattivi dei flussi nel circo della neve e di grandi eventi come le Olimpiadi, ma anche città distretto della piattaforma del turismo alpino in metamorfosi. Piattaforma dell’attraversamento dal medioevo dei passi alpini alla logistica di oggi con i trafori e il capitalismo delle reti in quella Macroregione che sta lì in mezzo, tra l’Europa del gotico e quella del barocco. Ragionando oggi delle cattedrali ipermoderne dei trasporti. Partendo dal porto di Trieste porta della mitteleuropa verso il Brennero con il contenzioso del trasporto su gomma contingentato sino al traforo del Monte Bianco di prossima chiusura per manutenzione, che intaserà non poco le terre basse. Si visita il museo dei trasporti svizzeri con i trenini rossi che scalano e uniscono montagne dove si ragiona del Gottardo che viene avanti guardando al porto di Genova. Temi di una contemporaneità geoeconomica e geopolitica dello spazio alpino che sta lì in mezzo tragicamente tra due guerre: una a nord nelle terre del grano ed una a sud giù verso Suez. Temi grandi dei “grandi del mondo” che ogni anno si riuniscono a Davos divenuto brand a cui guardare per capire nell’epoca dell’incertezza. Della kultur e della civilitation direbbe Thomas Mann che nel sanatorio di Davos, nell’epoca della pandemia da tubercolosi, nel romanzo d’epoca La montagna incantata colloca il duello-confronto tra il gesuita Naphta e l’illuminista Settembrini sui destini dell’Europa di allora. Da rileggere oggi dopo il viaggio attraverso i confini della macroregione alpina dove appare la «montagna disincantata» che interroga crisi ecologica, modelli di sviluppo e geopolitica di una Europa spazio politico per cui tra poco andremo a votare.