Le lezioni del passato per capire il nuovo salto d’epoca green
di Aldo Bonomi Microcosmi – Il Sole24 Ore
Soffia forte il vento che si è fatto uragano della crisi ecologica. Anche la cassetta degli attrezzi per fare racconto con microcosmi operosi della transizione ecologica che si è fatta destino, è volata nel turbinio tra apocalittici e integrati. Difficile mettersi in mezzo con racconti di territorio quando la terra brucia. Difficile fare “ricerca tiepida” quando si è in “ebollizione”. Mi rimane una certezza: siamo di fronte alla crisi accelerata e alla metamorfosi di un modello di sviluppo. Quando il futuro si fa incerto e periglioso scavare nella storia, “ricordare il futuro” scavando nelle lunghe derive del nostro fare industria e con quale energia alimentarla, può aiutare a capire come andare oltre lo stallo di futuro in cui siamo.
L’energia che ci manca a proposito di futuro titola il libro di Biagio Longo dedicato a Giuliano Zuccoli nato nel 1943 a Morbegno che ha dato i natali anche a Pasquale Saraceno nel 1903. Due “fordisti” dello sviluppo: l’economista Saraceno protagonista della ricostruzione dell’Iri poi con la Svimez teorico militante della grande impresa a sud, l’ingegner Zuccoli dalla Falck a Sondel, dalla Aem alla Edison e A2A. Ciò che rimane dell’Iri e dell’intervento straordinario a sud ci aiuta non poco a capire su come riorientare lo sviluppo e ancor di più interroga il futuro del “capitalismo delle reti” (dell’energia che ci manca) di cui Zuccoli è stato protagonista. Mai come adesso la storia serve nelle sue discontinuità per capire il salto d’epoca dell’oggi. Che ci vien ricordato partendo dalle loro terre alte e guardando al Mediterraneo ad Acerra e la terra dei fuochi, al Montenegro sino alla Milano postfordista dove si quota il mercato dell’energia. Dove Zuccoli arriva partendo dalle dighe dell’idroelettrico, il fordismo delle terre alte in Valtellina che alimentano fabbriche e città, portandosi dietro memoria dell’alluvione catastrofica della sua valle dove la frana del monte Coppetto spazzò via uomini e case di un intero paese.
Era il 28 luglio del 1987 e dal 18 di quel mese pioveva ininterrottamente con lo zero termico che sulle montagne del Bernina aveva raggiunto i 4mila metri, a proposito di cambiamento climatico. Era l’altro secolo ma qui la storia serve ad avere memoria di una sequenza sempre più accelerata passando per alluvioni ricorrenti, dissesti idrogeologici, tempesta Vaia, Ischia, la Romagna sino alla Milano con tetti scoperchiati e alberi abbattuti. Memoria che tiene assieme nel disegnare futuro montagne, aree interne piccoli comuni, medie e grandi città, le Alpi e il Mediterraneo da proteggere rovesciando l’adagio emergenziale della Protezione Civile mobilitando di più il civile, il senso civico, le virtù civiche necessarie per proteggere. Se Saraceno rimanda a una riflessione sul nostro industrialismo da grande impresa e il nostro capitalismo di territorio, il libro di Biagio Longo su Zuccoli ci dà uno spaccato del tumultuoso passaggio dal municipalismo al mercato attraverso il quotarsi di Aem e A2a e delle principali imprese locali, le utilities del territorio, nel loro divenire capitalismo delle reti.
A proposito di reti non sarà un caso che nel luglio del 1999 Zuccoli incontra Silvio Scaglia e Aem, con Metroweb e Fastweb si propongono di cablare partendo da Milano il territorio con la banda larga dove viaggia la new economy. Siamo nel salto d’epoca raccontata e analizzata con una interessante documentazione dalle “Lettere agli azionisti” di Zuccoli dal 1996 al 2007 di Aem, Edipower, Edison e A2A che fanno storia dell’industria italiana dell’energia. Quella dell’ingegnere inizia con il fordismo hard delle acciaierie Falck, la fabbrica per molti dei suoi convalligiani, ma poi nel suo diventare dirigente delle municipalizzate si evolve in un fordismo dolce olivettiano. Non poteva essere che così avendo le municipalizzate nel loro Dna produttivo i servizi per il territorio, per la città, per le comunità locali e forme di inclusione e mutualismo ben raccontate nell’ampio capitolo sul ruolo storico di Aem per Milano: dalla resistenza alla rete del gas municipalizzata dialogando con Bassetti e Mattei sino agli anni 70 tra cogestione e conflitto sempre in dialogo con i sindacati…
Sempre facendo intreccio con la sua comunità di valle, quella dell’acqua e delle dighe, avendo ben presente che, mai come oggi in tempi di siccità e turbolenza climatica, l’acqua è un bene comune, segno di relazione non di rinserramento o di mercato. Qui siamo con un pezzo di storia che ci aiuta a capire come il territorio si ritrova a confrontarsi tra due polarità: capitalismo delle reti e comunità energetiche con in mezzo il destino delle città. Posso solo consigliare per ricordare il futuro dell’industrialismo e “l’energia che ci manca” due tomi non da ombrellone: Adriano Olivetti. Un italiano del novecento di Paolo Bricco (Rizzoli) e Giuliano Zuccoli. L’energia che ci manca di Biagio Longo (Guerini e Associati). Hanno un pregio, non sono agiografici, anzi scavano dentro le contraddizioni di allora per capire se riusciremo a tenere assieme green economy e green society.