I convegni e la sfida della transizione verso il verde
di Aldo Bonomi Microcosmi – Il Sole24 Ore
Sostengo da tempo che si è rotto il vaso comunicante tra rappresentanza e rappresentazione nel tempo dell’iper-comunicazione. In questo rapporto rovesciato tra struttura e sovrastruttura tanti dimenticano lo spazio di posizione dove nascono e prendono forma domande e bisogni. Casi, non a caso emblematici: la pandemia e la crisi ambientale. Ci hanno fatto precipitare nello spazio di posizione del corpo e della terra malato e inquinato. Nel fine secolo l’ambientalismo era rappresentanza di minoranza oggi è rappresentazione da cui non si può prescindere nel fare istituzioni, politica, cultura ed economia se non green…
Quindi tutto bene? Rimane sospesa lì nel mezzo la vera questione dello spazio di posizione e di quanto il territorio nel suo essere costruzione sociale e civilizzazione riflessiva, tenga assieme coscienza ecologica e coscienza di luogo. Indicativa di una medietà operosa, tra rappresentanza e rappresentazione, mi pare la microstoria della fondazione Symbola. Nata dialogante ed interrogante sui temi ambientali a scavallo del secolo nel darci appuntamento ogni anno al seminario estivo dove, “continuare a cercare per continuare a capire” la questione ambientale che si è fatta crisi ed emergenza ambientale. Partendo da sud, convocando un “piccolo popolo” di ambientalisti militanti e di vite minuscole sparse nei piccoli comuni a fare parco o nicchie di agricoltura di minoranza nei comuni delle ciliegie o delle nocciole, già con lo sguardo oltre il locale ai flussi globali che venivano avanti. Tutti a difesa già allora del bene comune territorio che fa ambiente, qualità della vita e bellezza. Non era un caso il convocarsi a Ravello. Da lì poi risalire nell’Italia di mezzo, lì dove l’Italia è più Italia (Putnam) nell’Italia borghigiana e dei distretti di De Rita, Becattini, Fuà confrontandosi con il fare impresa ed il fare agricoltura che produce paesaggio come a Montefalco. Seguendo ed inoltrandosi nello spazio di posizione s’iniziò seminario dopo seminario, a confrontarsi con gli “ambientalisti riluttanti” e con l’intimità dei nessi ambientali nel fare impresa. Contaminando le rappresentanze e le tracce di umanesimo industriale si organizzò l’incontro di Assisi luogo simbolo della Laudato Si’, per «Una economia a misura d’uomo contro la crisi climatica».
Intanto il piccolo popolo cresceva allargandosi ed alleandosi con le avanguardie agenti sul territorio e nelle imprese. Aveva trovato casa nella mitica Treia, piccolo borgo marchigiano ai bordi della faglia del terremoto e della sua ricostruzione emblematica tra “il come era ed il come sarà”. Andare a Treia ogni anno era un’abitudine per ragionare di territori in metamorfosi, di comunità energetiche, di green economy e green society e confrontarsi con la politica che finalmente aveva assunto come nodale, la crisi ambientale. Partendo dalla concretezza dei numeri documentati dalle ricerche di Symbola e con i carotaggi di Pagnoncelli, si cercava di capire quanto cresceva la coscienza ambientale tra la Kultur della contemporaneità e la Zivilisation dei luoghi. Che non erano più solo margine o aree interne da preservare, ma città e piattaforme produttive sfidate dai progetti europei o dal Pnrr per la transizione verde. Treia era diventato anche un appuntamento per quel terziario riflessivo di play makers direbbe Granata, e per i tanti alle prese con bandi e progetti per afferrare l’opportunità di cambiare. Affrontando il passaggio a nord-ovest quest’anno il XXI seminario di Symbola si è tenuto a Mantova, media città padana snodo di reti nel suo stare al centro e sul confine del LOVER (Lombardia Veneto Emilia-Romagna), lì dove il tetto di cristallo del modello di sviluppo agricolo ed industriale nella transizione verde è più visibile che altrove. Basta alzare lo sguardo verso il cielo della pianura padana per fare l’agenda delle urgenze: la sfida della transizione verde – quale ruolo per le città medie capitali italiane della cultura nel fare cultura di quella transizione – quanto la transizione ha fatto emergere artigiani del futuro e loro rappresentanze nelle filiere del capitalismo molecolare e delle medie imprese green – come nella filiera del legno che tiene assieme il patrimonio forestale delle terre alte con il salone del mobile – così come partendo dall’eterotopia delle comunità energetiche si affronta il nodo municipalismo/mercato con le multiutilities dell’energia dell’acqua e dei rifiuti per fare green society. Questa più che ventennale risalita da sud a nord ideata e progettata da Ermete Realacci, con Fabio Renzi alle tessiture territoriali, ha sempre avuto nel suo dna che senza coesione sociale non si fa transizione verde. Partendo da sud dove il capitale sociale rianima un fare società che viene prima dell’economia, passando dall’Italia di mezzo dove le virtù civiche vengono prima dell’economia arrivando a nord dove coesione è competizione con quell’accento interrogante il grande nord ove si produce per competere. Qui siamo arrivati auspicando che il “primo popolo” che fa rappresentazione green tenga ben presente quel “secondo popolo” e il suo fare rappresentanza cresciuto nel nuovo secolo.