Le oasi economiche e di welfare del Sud che danno speranza
Le piattaforme territoriali non sono né un distretto più grande né un semplice tracciare aree vaste transregionali
di Aldo Bonomi Microcosmi – Il Sole24 Ore
Le piattaforme territoriali non sono né un distretto più grande né un semplice tracciare aree vaste transregionali. Sono piuttosto un disegnarsi iper moderno del capitalismo delle reti, da quelle digitali a quelle logistiche infrastrutturali che sorvolano e scavano il territorio, a quella in metamorfosi della manifattura, dei turismi, dell’agricoltura che insistono e impattano nell’ecosistema ambientale e sociale. Senza una costruzione dal basso di piattaforme ambientali e sociali del vivere, abitare e lavorare nelle piattaforme, ciò che raccontiamo in alto, le grandi reti, e nella metamorfosi del fare impresa sul territorio rischia di essere solo retorica di futuro senza metabolizzazione sociale.
Perché nelle piattaforme sia nel grande nord che nel grande sud del nostro Paese, si ridisegnano le differenze territoriali tra città e contado e tra l’osso e la polpa, mutando ciò che un tempo era centro e margine. Da qui il mio teorizzare che non c’è smart city senza smart land e non si replicheranno distretti economici senza costruire distretti sociali. Per questo ho continuato a scavare nella piattaforma Napoli Bari Matera includendo Taranto. Volando alto, a proposito di polpa, si dovrebbe scrivere dell’Alta Velocità tra le due aree metropolitane che verrà e del petrolio lì in mezzo in Basilicata diventato questione geopolitica. Guardando in basso, osservando ciò che non è più e ciò che non è ancora partendo dal vuoto dell’Ilva di Bagnoli alzando lo sguardo verso Taranto, si vede il non ancora di come rigenerare il vuoto a Napoli e di come rigenerare e rendere compatibile la produzione di acciaio per il sistema manifatturiero a Taranto. In attesa di futuro e pronti a dire la loro nel vuoto di Bagnoli, è rimasto il circolo aziendale con 2.700 iscritti in un mix di memoria operaia e residenti del quartiere.
C’è memoria e sapere e sarebbe utile tessere e ritessere scambi e confronti tra il vuoto e il pieno sul tema della rigenerazione urbana tra le due aree metropolitane. Così, avendo coscienza di luogo, si alza lo sguardo dentro la piattaforma e si vedono le aree interne dove a Piedimonte Matese si organizza il Festival dell’Erranza con i giovani e i professori del comprensorio scolastico interrogandosi sul “destino” della partenza o sull’eterotopia della restanza. Come nell’alto casertano l’Associazione Pontinpietra affinché la restanza diventi possibile, si batte per la rivitalizzazione delle stazioni della vecchia ferrovia Alifana che collega Napoli con i piccoli comuni delle aree interne del casertano. Ma non si tratta solo di restanza. La piattaforma è attraversata dai turismi che si fanno flusso e quindi si ragiona con l’Osservatorio tutela e sviluppo sostenibile a Procida, prossima Capitale italiana della cultura, cercando di fare arcipelago di riflessione con le isole che si vedono dalla spiaggia di Bagnoli o di fare rete territoriale e di prossimità con “Malaze’ fare comunità”, tessendo progetti integrati nei Campi Flegrei.
Così come a Ercolano l’impresa sociale “Variabile K” si occupa di recupero e valorizzazione dei beni culturali mobilitando risorse e organizzando il festival della creatività sociale. È un bel scavare e interrogarsi in quel mito e rito tanto celebrato e mai atterrato del turismo come panacea dello sviluppo. La fertile piattaforma agricola è attraversata da imprese sociali in rete con la Nuova cooperazione organizzata nata a Casal di Principe, terra di camorra e del martirio di don Peppe Diana. Sono partiti dal disagio psichico, hanno realizzato imprese agricole per includere e oggi sono protagonisti militanti nel salvare il patrimonio bufalino del territorio. Organizzano un forum “Salvare le bufale per salvare i territori, l’agricoltura e la pesca artigiane”. Tutti questi racconti dal vuoto di Bagnoli ai miti del turismo e dell’agricoltura sino alla creatività messa al lavoro, svelano tracce di comunità operosa che attraversano la piattaforma.
Tutte però hanno in comune un punto di partenza: hanno iniziato facendosi carico delle questioni sociali come il Consorzio Gesco o la Cooperativa Dedalus che nel raccordo con il territorio e il mondo della scuola producono inclusione e voce del margine. Microcosmi dove trovi sedimentati saperi e memoria del fordismo con la grande impresa a sud, del primo postfordismo con i patti territoriali per uno sviluppo locale di cui Osvaldo Cammarota conserva memoria, per arrivare all’oggi delle piattaforme. Senza nostalgia, ma con una domanda iper attuale rispetto al Pnrr: da non vivere e praticare come il nuovo intervento straordinario.
Sono deboli tracce che, partendo dalla coscienza di luogo, disegnano distretti sociali evoluti, piccole oasi di sperimentazione e voce del sociale che si fa economia nelle aree interne, nei turismi, in agricoltura, con un terziario creativo che organizza momenti ed eventi di riflessione critica. Oasi di economie e welfare territoriale da supportare nel loro attraversamento del deserto come scrivono F. Saverio Coppola presidente Bri (Banca risorse immateriali) e Carlo Borgomeo presidente della Fondazione con il Sud. Speriamo…