Bonomi: «Le attività si sono frantumate. Ora serve un senso forte di comunità»
L’INTERVISTA di Andrea Zaghi – Avvenire
«Iniziamo dalla grammatica: parliamo di lavoro, al singolare, ma è necessario ragionare di lavori, al plurale. E di metamorfosi dei lavori. Perché il diamante del lavoro che si è scheggiato da tempo, adesso per certi versi pare essersi frantumato. E occorre cercarne i pezzi nelle vite di tutti noi». Aldo Bonomi, sociologo di lungo corso ma soprattutto attento osservatore della realtà della modernità, racconta la sua visione del lavorare mettendo insieme teoria e pratica sul campo. E fornendo un’indicazione: «È necessario recuperare un senso forte di comunità».
La modernità del lavoro oggi spiazza un po’ tutti. Viviamo una profonda metamorfosi del lavorare. E siamo di fronte alla attualità dell’inattualità. Vengono avanti, seppur trasformate, forme di lavoro che erano relegate nella storia. Aumentano i lavori servili. Riappare la servitù della gleba, in forma diversa ma con gli stessi connotati di fondo: tanti lavoratori a contratto che hanno a che fare con un committente con lo stesso ruolo del feudatario. Riappaiono le gilde delle professioni. Certo, c’è il lavoro normato e salariato, ma a ben vedere anche questo è cambiato facendosi a tempo determinato, a contratto, a intermittenza, dislocato».
Si è frantumata anche la catena di produzione?
Prima c’era la catena di montaggio il cui controllo produceva la catena di valore economico. Oggi si deve parlare di una ragnatela del valore. Le imprese devono produrre e poi vestire il prodotto, comunicarlo, trasportarlo, renderne partecipi i lavoratori e i mercati, il territorio. Il ruolo dell’impresa è cambiato e non può limitarsi al profitto e al welfare tradizionale. È necessario guardare oltre la fabbrica e pensare a piattaforme di produzione interconnesse