Cin cin prosecco, a futura memoria
di ALDO BONOMI Microcosmi – Il Sole 24Ore
Capita di commentare, con il «Microcosmo» che cade tra Natale e Capodanno, giornate dedicate all’allegrezza contenuta nell’ossimoro da Covid-19. Ti viene di dedicarlo al Prosecco, campione del Made in Italy delle bollicine. Ne avremo bisogno e ti vien subito da pensare alle difficoltà dei ristoratori che contavano su pranzi e cenoni e ai tanti che poco anno da brindare.
Prima di Natale, mi era stato chiesto un commento al rapporto annuale del Consorzio Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore Docg che, non me ne vorranno, continuo a chiamare le «colline del Prosecco». La scienza triste che è l’economia, giustamente quest’anno ci dà conto delle difficoltà economiche attraversate nella metamorfosi segnata da Covid-19. Ma se vogliamo brindare, pur ragionando sulla faglia economica, dobbiamo guardare al come camminare attraversando la soglia del come ripartire e del come ricucire gli strappi del mercato. Soglia che rimanda a quella economia circolare del cosa e come produrre che fa del Consorzio, accompagnato da Symbola, un laboratorio territoriale della green economy. Che significa in primis stare dentro le lunghe derive della civiltà materiale del produrre il vino, che da sempre ha fatto simbiosi con l’evoluzione umana, e poi immettere innovazione continuata senza stressare la terra, ma innovare nella circolarità dolce di un bene che dalla terra viene, raggiunge il mercato, e alla terra ritorna nella continuità di una agricoltura sostenibile.
Già nella denominazione del Consorzio che perimetra il territorio della qualità rispetto alla quantità si sente una discontinuità. Da dibattito già sentito nel Veneto manifatturiero con i capannoni proliferanti che pare dire ai coltivatori molecolari di tutelare quel perimetro delle colline della qualità. Certo, le reti lunghe della civilizzazione sono sempre più lunghe e i dati del rapporto vanno ben oltre il racconto di quando le vie del vino andavano verso nord passando dalle Alpi al Brennero. Ci si inoltra in una selva di dati che rimandano all’impatto della Brexit, a mercati lontani come la Cina, a barriere e dazi che vanno ben oltre le gabelle di un tempo. «È la globalizzazione, bellezza» verrebbe da dire, aggiungendo che ai tempi di Covid-19 che ridisegna forme di convivenza, strade e mercati, le colline del Prosecco partendo da uno dei beni più antichi, il vino, sono finite dentro le contraddizioni alte del capitalismo.
Per questo, avendo memoria, occorre capire che fare green economy altro non significa che introdurre nel capitalismo il senso e il concetto del limite, non per scomparire ma per evolversi e così attraversare la crisi ambientale che segna l’epoca che viene avanti. È questo il vero senso dell’economia circolare. Avere memoria da portar dentro il salto d’epoca significa ricordare che quelle colline poggiano sullo “scheletro contadino” di quel volgo operoso che ha costruito muretti a secco con maestria e fatica per manutenere viti e terra, questo ha prodotto borghi dell’abitare, paesaggio e bellezza per poi evolversi nel fare il distretto del Prosecco mentre giù nella pianura venivano avanti altri distretti manifatturieri che, capannone dopo capannone, si sono mangiati molto del bene-territorio.
Avere memoria significa capire che termini come terra e territorio che noi usiamo come fossero la stessa cosa, rimandano il primo alla terra come suolo agricolo e il secondo all’antropologia e al fare società: il territorio è frutto di una costruzione sociale. Per tornare a noi, le colline del Prosecco sono “un Patrimonio dell’Umanità” nel loro farsi nella storia, e credo non sia un caso che siano state riconosciute tra i siti Unesco e che un borgo di quelle colline, Pieve di Soligo, sia in gara per essere Capitale italiana della cultura. Avere memoria significa ricordarsi di essere stati una comunità, parola antica da usare con attenzione, essendo che di questi tempi per chi la usa solo con la testa rivolta all’indietro, produce nostalgia, rinserramento, chiusura e spesso rancore. Nel caso delle colline del Prosecco, il Consorzio cammina verso il futuro e questo significa capire che la comunità si è evoluta in una comunità operosa.
Fare comunità operosa, fare distretto evolvendosi in Consorzio significa aver pensato il territorio andando oltre il puro abitare il territorio. Quindi il ritorno alla comunità non significa un ritorno al passato, al com’era e dov’era, ma disegnare e progettare il come sarà. Il che significa pensare per le colline del Prosecco un futuro eco-territorialista da economia circolare e da green economy, tenendo assieme la comunità di cura per la terra e per chi abita il territorio con la comunità operosa di una economia adeguata ai tempi. Attraversiamoli. Avendo chiaro che la pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo e che dobbiamo tenerci per mano. A fare Consorzio nel suo significato profondo nel denominare la comunità territoriale, il prodotto che si fa marchio di un distretto che va e attrae il mondo.