Comunità di cura larga contro paure e solitudini
Crisi ecologica, crisi sanitaria e crisi economica alimentano disagio e inquietudine. È necessario capire che nessuno si salva da solo
di ALDO BONOMI Editoriali Il Sole24Ore
Ci eravamo lasciati ad Assisi promuovendo con Symbola e i francescani del Sacro Convento il manifesto per una economia a misura d’uomo contro l’emergenza climatica. Con tante firme autorevoli della politica, delle imprese e di semplici cittadini, tanti. Tanti da farsi popolo cosciente contro «l’internazionale dell’indifferenza» dei sorvolatori del mondo con la loro finanza ed economia screativa che non guarda al creato, che non crea anzi distrugge. Lo avevo definito un momento di «realismo mistico» nel suo tenere assieme la concretezza dell’urgenza e del rivolgersi alla coscienza critica del fare impresa con lo spirito dell’armonia rispetto al creato tra uomo e natura che viene meno nell’epoca dell’antropocene.
Eravamo convinti di ritrovarci a Treia al seminario estivo di Symbola. In quell’Italia borghigiana ove ancora vi è, più che altrove, memoria e traccia dell’armonia perduta. Ritrovarci come “popolo dei sussurri” per dar voce, per urlare l’urgenza della crisi ecologica. Ci ritroviamo in un lungo webinar. Con le parole ed i volti che volano, il che sembra poesia della tecnica se non fosse invece segno ipermoderno della pandemia di Covid 19 che impone la giusta distanza. Così le parole che volano diventano segno di una solitudine dell’essere con la parola a cui viene meno la prossimità del volto a cui si rivolge. La crisi ecologica ci aveva indotto l’urgenza del rapporto uomo natura e della green economy, la crisi pandemica il virus Covid 19 ci ha mostrato l’essenzialità del corpo malato in una civiltà che avendo smarrito la propria ombra ormai pensava che l’antivirus, non fosse la ricerca di un vaccino per il corpo, ma una soluzione tecnica per preservare i nostri computer, smartphone, tablet…
È ormai più che un’ipotesi di studio la correlazione tra crisi ecologica e crisi pandemica, basta per rimanere all’Italia, la comparazione tra geografia del male e terre dell‘’inquinamento. Ed è per questo che, nonostante costretti al webinare, bene ha fatto Symbola a richiamarci virtualmente a Treia per ragionare assieme su l’Italia che verrà partendo da comunità, territori e innovazione contro paure e solitudini. Partendo dalla “voglia di comunità”, mai così forte nei mesi in cui non ci si poteva tenere per mano ed abbiamo riscoperto la comunità di cura, diventa urgente interrogarsi sulla “comunità che viene”. Come “comunità di cura larga”, attenta ed orientata alla cura della natura, in grado di cambiare le economie verso modelli di comunità operose, in grado nel farsi comunità larga ed inclusiva così temperando le tre paure che stanno in una: la comunità della paura alimentata da crisi ecologica, crisi pandemica, crisi economica. Sono tante le solitudini che l’alimentano, che rimandano al ricostruire le forme di convivenza partendo dalla prossimità del fare comunità riscoprendo che il far politica, nella sua forma antropologica “significa dire al tuo prossimo che non è solo” riscoprendosi così tutti in una comunità di destino esistenziale. Che rimanda al lavoro sociale da operatori di comunità per tessere e ritessere coesione sociale soprattutto in tempi in cui, a fronte del venire avanti della comunità della paura come involuzione del rancore, non mancano gli “imprenditori politici delle paure”.
Questo mi pare il senso del ritrovarci a Treia per dare senso e significato al destino esistenziale del “nessuno si salva da solo”. Partendo dal territorio, dai territori del margine che definiamo marginali ma sono densi di pratiche ed esperienze di intreccio “antisolitudine” tra sostenibilità ambientale ed inclusione sociale. Da portare al centro per le città più abitabili dove abbiamo riscoperto la dimensione del quartiere, da dove ripartire nella fragilità di quella geografia delle megalopoli e delle “città stato” che hanno evidenziato come nella metamorfosi che attraversiamo il pieno, il ritrovarsi soli nella moltitudine, produce disagio ed angoscia. In questo Symbola ci ha sempre educati a riflettere partendo dalle opportunità della nostra geografia contaminata da una coscienza di luogo che intreccia piccoli comuni, l’Italia borghigiana e quella delle cento città, le città distretto e le aree metropolitane in divenire partendo dal margine che si fa centro, non viceversa. Indicandoci con tenace testardaggine un luogo laboratorio di speranza e di visione di un altro modo di ricostruire e riabitare il vuoto: la rigenerazione dell’Italia centrale colpita dal sisma 2016/2017 lì dove sta Treia. Non è l’unica sfida a cui siamo chiamati. Più si va giù nelle terre basse delle città distretto delle nostre imprese e si entra con l’eterotopia della green economy dentro i cancelli delle fabbriche a far firmare il manifesto di Assisi la comunità larga si fa più stretta ed interrogante le forme del come e del cosa produrre e le forme dei lavori. Si fa ricerca e si raccontano i territori delle piattaforme produttive in una transizione difficile verso geo comunità sostenibili animate da imprese e forme dei lavori in metamorfosi verso un nuovo tempo economico e sociale. Passaggio non secondario verso l’Italia che verrà, che interroga rappresentanze e parti sociali, anche loro attori non secondari nel rompere la solitudine da individualismo proprietario o da innovazione solitaria da startup e da partita Iva al lavoro senza comunità larga di appartenenza.
Passaggio che si fa incerto attraversando le condizioni materiali della crisi economica a cui giustamente, si dà come speranza l’innovazione e il cambiamento della sostenibilità ambientale e del digitale e dello smart working essendo entrati nell’epoca dell’Antropocene e del Tecnocene. Symbola scrive, citando Papa Francesco, «peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla rinchiudendoci in noi stessi». È vero. Molto dipenderà come sempre da quanto le opportunità date dalla green economy e dalla potenza della tecnica verranno piegate verso il limite della natura e dell’umano lavorare per vivere. Da quanto si faranno flusso dall’alto con lo storytelling di una transizione ecologica e digitale aspettando l’Europa col Green Deal e col Recovery Fund o quanto si faranno racconto sociale condiviso e mobilitante per rompere le nostre solitudini e paure, per fare l’Italia che verrà verso L’Europa che verrà. Per questo i seminari di Symbola che da operatore di comunità si mette in mezzo tra flussi e luoghi, mai come oggi mi paiono utili «per continuare a capire per cambiare e far cambiare».